Lui era sorpreso. Aveva incasinato tutto. In questo stato di cosciente arrendevolezza vide chiaramente che tutte le frustrazioni e i singhiozzi e i sentimenti spregevoli non erano altro che il percorso che loro erano stati costretti a percorrere per giungere dove erano adesso. Il fatto che fossero lì insieme, significava che l’altro era davvero qualcosa di simile al suo destino. Anzi, l’unico suo fottutissimo destino.
Era forte e diretto quello che provava per l’amico. Il solo mezzo però per gestire appieno la faccenda era quello di perdonare. Già perdonare. Ogni cosa. L’altro. Se stesso. Il loro incasinatissimo essere di nuovo insieme. Arrivare fino a qui. A questa unione. E adesso era tutto così difficile. Maledettamente complicato. C’erano stati tanti momenti in cui gli aveva detto no, e poi settimane e mesi, e tutti quei giorni giacevano impilati in un mucchio inutile, senza avergli insegnato niente. L’abbandono di ogni moderazione e riserva, l’ottenere quel qualcosa a tutti i costi e tenerlo stretto e donare a esso tutto se stesso, che si abbia o no compreso ciò che è sicuro o giusto o peggio ancora saggio.
Adesso però essere lì sembrava vanificare quei momenti. Qualcosa era rimasto incompiuto. Gli sfuggiva qualcosa. Erano dei sopravvissuti. Erano due amanti a una svolta. Forse l’amico era solo l’altra versione di se stesso. Questa era la sensazione reale di quel momento. E rabbrividì nel sentirla. Forse qualcos’altro di imminente li stava aspettando. Ma cosa? Specchiandosi nelle pupille scure dell’altro si scrollò di dosso quel pensiero raggelante e seguì finalmente la calda sensazione che si diffondeva adesso al suo posto. Sentiva di amarlo. E questa era l’unica sensazione che gli importava davvero.