Ricordo ancora l’espressione del suo volto: «Meglio un figlio morto, che frocio!»
Compivo diciott’anni quando lasciavo la casa di mio padre, per sempre. Mia madre che mi teneva per un braccio, gli occhi rossi e quel labbro di traverso dei momenti tragici. E io mi sentivo come quei condannati a morte espulsi dall’urbe, gettati dalla Rupe Tarpea.
Mio padre morì qualche anno dopo, di indigestione. Pace all’anima sua.