Cammino da tre ore fissando il marciapiede, alla ricerca di qualcosa che non so ma che ho smarrito, in quest’alba congelata dalla nebbia, in una Milano ormai non più da bere. Alla fine mi abbandono su una delle panchine di questo parco, dietro un’ombra che mi offusca anche l’anima. Vorrei pregare, ci provo, ma non riesco. Mi dico “anch’io avrò forse un mio Dio”, in fondo ce n’è uno per tutti. Per tirarci su, per farci stare meglio quando tutto va affanculo, quando abbiamo perso persino il senso inevitabile della nostra riscossa. Ma poi chiudo gli occhi, e prego di non sognare. Sono stanco di sognare: di te, di noi, di questa fottuta musica. E finalmente entro nel buio.