Mentre si fissano l’uno di fronte all’altro, seduti a uno dei tavolini di quel bar sul lungolago, si rende conto di aver bisogno dell’altro in maniera definitiva. Seguendo il proprio ritmo biologico, gli sta raccontando di quanto si senta bene lì con lui, di come gli sia difficile immaginare di poter stargli nuovamente lontano per così troppo tempo.
A un tratto gli pare ancora più bello; gli occhi prendono il colore verde scuro del lago e s’illuminano per un po’, poi si socchiudono all’improvviso, e la fronte comincia a corrugarsi leggermente su se stessa come a rivelare l’ansia che gli percorre nelle vene.
Abbassa lo sguardo a fissargli le mani protese verso di lui, oltre la tazzina del caffè; poi gliene sfiora una con il palmo della mano destra, quindi appoggia le labbra chinandosi in avanti, e la bacia: un bacio morbido, leggero, lungo quanto i loro respiri di quell’attimo.
“Ti amo più della vita” gli dice l’altro.
Lui sente che non mente. Quel tono soffice che gli rivolge, non può essere una menzogna. E lo sa! Lo sa perché per sopravvivere alla convalescenza hanno bisogno entrambi l’uno dell’altro.