Doveva andare a casa, e alla svelta

Quando lui varcò la porta, tutto gli sembrò un sogno. Del resto, si disse, non poteva essere stato che questo: un incubo! Eppure quello strano senso di spossatezza che adesso lo avvolgeva salendogli lentamente su per le gambe come un animale fastidioso che si impossessava del suo corpo, beh non poteva ignorarlo. Era subdolo e viscido, come il tipo di prima con i capelli unti e il viso solcato da rughe profonde; la sua bocca, poi, scheggiata ai lati e che si muoveva grossolanamente, era segnata da labbra secche e inscurite dal fumo. Ma sono stati gli occhi a rimanergli impressi; due occhi rossi che sembravano quelli di un diavolo.
Spinse la porta, e sbirciò dentro. Era buio, dannatamene buio! Cercò di guardare meglio dilatando le pupille come un gatto, e allora lo vide: riverso tra il water e il lavandino, nudo come un verme, la bocca semiaperta; morto, sembrava davvero morto!
Adesso era lui a sudare; si passò la mano tra i capelli madidi: ma che cazzo stava succedendo! Rabbrividì! Sì, doveva aver bevuto. Poi si richiamò all’ordine: non mi lascio fottere da trucchetti vecchi come il mondo, pensò. Qualcuno voleva incastrarlo, ma chi?
Accese la luce. Forse non avrei dovuto, si disse guardando dentro. Nessuno, sul pavimento non c’era nessuno. Fece per andarsene. Poi si fermò. Guardò di nuovo. Nessuno, si disse.
Si sentì terribilmente stanco, stufo. Doveva andare a casa, e alla svelta.

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