Ci sono momenti in questa mia vita sgangherata che rimpiango, e ogni tanto mi ritrovo a fare quello che non vorrei: guardarmi indietro. E allora fingo che non sia così, fingo di distrarmi e se me ne accorgo in tempo riesco persino a interrompermi e a cambiare argomento. Ma quando non riesco, tutto è così dannatamente buio, perso nella nebbia sbiadita di ricordi al limite della messa a fuoco. Perché è così: le sequenze si replicano in una rapida successione, quasi indolore perché indolore non è, come l’ago che ti fora e poi vedi schizzare fuori il sangue nelle provette, a intervalli regolari, con quel lento defluire che è così fastidioso ma sta accadendo. E allora mi guardo, e mi vedo sdoppiato, come si guarda un oggetto amico, qualcosa che si è conosciuto in un momento vitale e che si ritrova dopo tanto tempo sbiadito nella propria bellezza.